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Cristiani in un mondo che non lo è più. Incontriamo Jozef De Kesel

Mercoledì 6 marzo 2024 giornata genovese per Jozef De Kesel, Arcivescovo Emerito di Bruxelles e cardinale, membro del Sinodo sulla sinodalità dell’ottobre scorso.

La preziosa occasione, promossa dalla Libreria San Paolo di Genova, dal Centro Culturale San Paolo Odv e dalla LEV – Libreria Editrice Vaticana, è offerta dalla presentazione del suo libro “Cristiani in un mondo che non lo è +. La fede nella società moderna” (LEV, 2023).

Doppio appuntamento:

  • alle ore 17.30, alla Sala Quadrivium (piazza S. Marta 2)
    Introduce don Gianni Grondona, Vicario Episcopale per la Sinodalità
    Dialoga con l’autore Gigi Borgiani, direttore della Fondazione Auxilium
    Sarà presente p. Marco Tasca, Arcivescovo di Genova
  • alle ore 21, presso il Monastero di San Prospero (Via Romana, 59) a Camogli
    Dialoga con l’autore Gigi Borgiani, direttore della Fondazione Auxilium
    Saluto di benvenuto del Priore Dom Francesco Maria Pepe

“Non viviamo più in un mondo cristiano – scrive De Kesel – ma semplicemente nel saeculum, cioè nel mondo. La Chiesa non è il mondo ma vive in mezzo alle nazioni. Dobbiamo accettarlo. Non perché siamo obbligati, ma con il cuore. La Chiesa non deve vivere necessariamente in un mondo cristiano e la situazione attuale presenta veramente un kairos, non per una pastorale di riconquista, ma di presenza.

(…) Una Chiesa che non si impone. Una Chiesa più umile, più fraterna, più sinodale. Come è scritto nella Prima Lettera di Pietro, dobbiamo essere sempre ‘pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto’. Solo a questa condizione la situazione attuale diventa veramente un kairos.”

La nostra intervista

Cristiani in un mondo che non lo è più. Abbiamo scelto due concetti da evidenziare. Il primo quando dice che non bisogna tornare al passato, ma saper leggere i segni dei tempi e che non c’è più un mondo cristiano. Allora come oggi si incarna, secondo lei, l’annuncio del Vangelo?

Evidentemente non significa che non dobbiamo annunciare Il Vangelo. È la ragione per la quale la Chiesa esiste. E come San Paolo dice, guai a me se non annuncio il Vangelo. È la nostra chiamata come Chiesa. Ma è una cosa differente poter annunciare il Vangelo in un mondo che è già cristiano. Una situazione molto comoda, evidentemente, e l’abbiamo conosciuta durante quasi un millennio. Dopo l’antichità il cristianesimo è diventato la religione della cultura, non soltanto di certi cittadini di questa cultura in Occidente, ma tutta la cultura è impregnata dal Vangelo. Oggi non è più così, ma vuol dire che dobbiamo essere presenti. Mi pare che la chiamata della Chiesa non sia di riconquistare ciò che abbiamo perduto nel passato, la situazione del passato, non cioè una pastorale di riconquista, ma una pastorale di presenza. Mi pare che sia questa la volontà di Dio, la sua Chiesa ha la chiamata di far conoscere al mondo che è presente. La Chiesa non è tutto il mondo, è molto più grande della Chiesa, ma deve essere dappertutto ed essere il segno nella società dell’amore di Dio, soprattutto essendo una Chiesa autentica. E dunque questa è la chiamata della Chiesa di oggi. Ma in un mondo cambiato. Non è la chiamata che è cambiata, ma la situazione nella quale la Chiesa può realizzare la sua missione. Devo dire che questo dà mandato alla Chiesa di una grande conversione, perché nel passato essere Chiesa in mondo già cristiano era molto comodo, e non senza rischi perché la Chiesa aveva molto potere, molto influsso e qualche volta si permetteva molto, non sempre al servizio del Vangelo. Il cambiamento della società io spero aiuti la Chiesa in questa conversione, ad accettare questa situazione non soltanto perché siamo obbligati, ma di cuore.

La fatica che vivono anche molti parroci, molti laici laiche che sono impegnati nelle comunità cristiane, è di cambiare atteggiamento… Lei nella sua esperienza che consigli darebbe?


Non dobbiamo avere paura di questo cambiamento, ma è vero – questa è la parte più visibile della crisi della Chiesa di oggi – diventiamo meno numerosi. Capisco che molti si preoccupino di questo problema. Papa Francesco ha detto una volta a Rabat in Marocco: il problema non è essere meno numerosi, ma non significare niente. Non siamo più una Chiesa che rappresenta la maggioranza della popolazione. Personalmente non penso che siamo in minoranza, sociologicamente i cristiani in Occidente non sono una minoranza, ma non rappresentiamo più la maggioranza della popolazione. Non è un segno che la Chiesa vada male, è normale. La Chiesa vive nel mondo ma non necessariamente in un mondo cristiano. La Chiesa non è tutto il mondo, il mondo è molto più grande. Dobbiamo accettarlo. Nella Sacra Scrittura, nell’Antico e nel Nuovo Testamento, la Chiesa è chiamata a essere popolo di Dio, segno del suo amore per il mondo. Ma nella diaspora tra le nazioni, non con il compito di fare tutte le nazioni cristiane, e dunque di fare di tutto il mondo la Chiesa. Questo è il lavoro del Signore, eventualmente.

La Chiesa non è tutto. E c’è anche tutto il resto del mondo. Però a volte poi si va a finire per dire che allora il mondo è cattivo, non ci capisce, e si finisce nella “sindrome dell’assedio”: noi dobbiamo difenderci da un mondo cattivo.

Ecco, si parla molto oggi, anche con il cammino sinodale, di fare cambiamento da una Chiesa clericale verso una Chiesa sinodale. È vero che abbiamo un passato molto lungo di Chiesa clericale, e il clericalismo vuol dire che all’interno della Chiesa qualcuno si sente superiore agli altri. Il Signore Gesù ha detto che fra i suoi discepoli non può essere il caso. Avete un maestro e siete tutti fratelli. Non ci sono subordinati. Ma anche nel nostro rapporto con il mondo, la Chiesa nel passato molte volte ha assunto un atteggiamento di superiorità. La Chiesa ha qualcosa di vero da dare al mondo: il Vangelo. Abbiamo qualcosa da annunciare, ma abbiamo anche molte cose da ricevere dal mondo. Non siamo sempre maestri di tutto. E questa mentalità di lamentarsi del mondo non ha senso e non è fruttuosa, mostra un sentimento di frustrazione. La Chiesa frustrata non è l’atteggiamento del Vangelo, perché la Chiesa è chiamata a essere popolo di Dio, segno dell’amore di Dio per il mondo. Non si può capire la Chiesa senza il suo rapporto con il mondo. Anche nel Concilio Vaticano II, nella Costituzione Gaudium et spes c’è come titolo La Chiesa nel mondo